Iain Kenny e Mat Henney, dal Blog Murphy & Son
Non c’è dubbio: la India Pale Ale o IPA non è solo una moda passeggera. Benché le sue origini siano umili, essendo nata dalla necessità pratica di spedire birra in tutto l’impero britannico, nelle interpretazioni artigianali moderne è presto diventata una caposaldo di ogni beershop di qualità. A spronare il suo successo è il crescente entusiasmo dei consumatori per il luppolo (che si tratti di DIPA, Farmhouse, Belgian, Traditional, Black o New England, solo per citare qualche esempio) che non accenna a fermarsi. E qui si fa strada la Brut IPA, che secondo i trend che vediamo qui alla Murphy & Son sembra stia diventando il must del 2018.
A differenza di quanto potrebbe suggerire il nome, questo stile non ha niente a che fare con la sciacquatura di bicchieri venduta a basso prezzo nell’alimentari sotto casa; infatti prende il nome da una bevanda molto più sofisticata, gustosa e decisamente costosa. Ovviamente stiamo parlando dello Champagne, o più precisamente della classificazione utilizzata per descrivere quanto dolce è lo Champagne.
Fonte dracaenawines.com
Come potete vedere, il Brut è il secondo Champagne più secco disponibile e questa secchezza al palato è l’arma chiave nell’arsenale di questo riverito stile (ovviamente vengono brassate anche Extra Brut IPA). Cos’altro contraddistingue questo stile? Avete indovinato, secchiate di luppolo: un sacco di aromi fruttati di luppolo juicy da late addition. A nessuno piacerebbe una birra extra dry e anche amara. La densità iniziale per questo stile è solitamente compresa tra 1045 e 1070 con un grist chiaro e semplice, anche se per ottenere una vera Brut servirà una bassa densità finale.
La nascita di molti stili moderni è spesso avvolta nel mistero, nel mito e nella diceria. La Brut IPA invece ha avuto indiscutibilmente origine nel birrificio Social Brewing di San Francisco alla fine del 2017. Rispettando il genuino spirito collaborativo del modo birrario, il birraio Kim Sturdavant ha ben presto condiviso i segreti del suo nuovo successo con colleghi locali e la voce si è diffusa da quell’angolo di California.
A costo di metterci nei guai…
Discutendo sul contenuto di questo post ci siamo resi conto che dal 2012 Murphy & Son fornisce ad un birrificio britannico un coadiuvante per la produzione di qualcosa di molto simile! La Big Job di St Austell Brewery è una pluripremiata Double IPA con OG 1057 che attenua fino a 998.5 e 7.2% ABV, bilanciata da un generoso dry hopping. A noi ricorda molto la Brut IPA; pensateci su anche voi.
Quindi come si rende Brut una IPA?
La maggior parte dei birrai ricorrono al potere degli enzimi, in particolare dell’amiloglucosidasi (AMG). Questo enzima agisce rimuovendo step-by-step il glucosio dalle destrine/oligosaccaridi, lavorando lungo l’estremità non riducente della catena, idrolizzando sia i legami lineari α -1,4 che quelli ramificati α- 1,6. La rimozione di queste destrine elimina corpo e dolcezza residui nella birra fornendo ulteriore glucosio fermentescibile al lievito.
AMG può essere aggiunto nel mash per promuovere la fermentescibilità e l’estrazione, ma chi realizza Brut IPA lo aggiunge direttamente al mosto raffreddato (3-8 g per hl) con dosi che dipendono dall’attenuazione desiderata. Con questo metodo è semplice produrre Brut IPA super attenuate, e quindi raggiungere una densità finale vicina a 1000 o anche inferiore.
Il consiglio: perché non utilizzare zuccheri per alzare la densità della vostra birra? Il destrosio monoidrato aumenterà la densità senza aggiungere ulteriori zuccheri o non fermentescibili, aiutando a mantenere la birra secca senza aumentare il corpo e il colore.
La prossima volta che volete brassare una IPA, perché non provate a farla Brut? Contattateci per parlare di come usare AMG.
Fonte dell’immagine di copertina http://doctorale.com/en/big-job-attention-hops-attacks/46137 on Flickr