Racconti di birra: “Una bitter divisa – Capitolo 3”

Eccoci giunti al capitolo conclusivo di questo esperimento birraio. Purtroppo non tutti i racconti finiscono con un “e vissero per sempre felici e contenti”, e questo è uno di quei casi. Ma andiamo con ordine.

Ci eravamo lasciati con le birre in fusto, a maturazione finita e pronte per essere degustate. Procediamo quindi ad assaggiarle (assaggio avvenuto il 10 marzo, dopo 4 settimane di maturazione in fusto).

A sinistra bitter con West Yorkshire; a destra bitter con Ringwood Ale

Best bitter con Wyeast 1469 West Yorkshire: l’aspetto è perfetto per le foto sui social. Limpida, colore ambrato intenso, schiuma con grana fine e persistente. Se ci fermassimo qua potrei ritenermi soddisfatto. Purtroppo al naso iniziano le prime avvisaglie di una brutta sorpresa: note fermentative non pulite, sentori terrosi e di solvente “pesante”. In secondo piano esce il terroso/erbaceo dei luppoli e qualche timida nota maltata. In bocca è molto anonima, manca la parte piena dei malti. L’abboccato non è watery, ma manca di carattere. Al retrolfatto torna un fermentativo non pulito (di nuovo le note sgradevoli percepite al naso). L’amaro però è equilibrato. Nel finale vi è nuovamente la mancanza della parte maltata e leggermente dolce che ricerco in questo genere di birre (alle volte conferita anche da un leggero diacetile, come nella Fuller’s London Pride e in tante altre bitter inglesi).
Voto complessivo: 3/7

Best bitter con Wyeast 1187 Ringwood Ale: la birra si presenta più velata della prima, con ancora lievito in sospensione. Potremmo dedurne che il ceppo in questione sia quindi meno flocculante del West Yorkshire. Tuttavia, visto che nello starter aveva flocculato meglio (vedi capitolo precedente) più probabilmente è rimasto maggiormente in sospensione in quanto ancora in blanda attività. Come ho potuto notare infatti durante la maturazione in fusto, la pressione interna è aumentata ben più rispetto al West Yorkshire, segno che al momento del cask conditioning vi erano più zuccheri fermentescibili rimasti di quanto avevo supposto. Mi sono ritrovato a sfiatare più volte il fusto. La gasatura alla fine è stata corretta (i vantaggi dei fusti), solamente un po’ più elevata rispetto al West Yorkshire (con conseguenze maggiore formazione di schiuma). Anche in questo caso il profilo olfattivo non è molto convincente, tuttavia le note dominanti sono fruttate e dolci (un pronunciato diacetile, che a me piace in questo stile, e ho trovato quindi positivo). Meglio del risultato ottenuto con il West Yorkshire. In bocca la birra risulta più tendente al dolce, e nel complesso più interessante. Tuttavia di nuovo non pervenuta la parte maltata, e un fermentativo non elegantissimo. Il diacetile aiuta però a renderla più piacevole nel complesso.
Voto complessivo: 4/7

Considerazioni finali: Se lo scopo principale era quello di trovare un modo per gestire bene i lieviti inglesi, e mettere in evidenza le differenze aromatiche tra due ceppi al loro massimo potenziale, di sicuro non si può dire raggiunto.
In questo primo esperimento con la cotta divisa in due fermentatori da 9 L, ho notato un’influenza importante del formato del fermentatore sulle prestazioni fermentative. Non vi è una certezza granitica che sia stato quello il fattore discriminante, ma ne ho il forte sospetto. Le modalità e tempistiche di fermentazione e cask conditioning erano abbastanza collaudate sui classici 18 L, eppure in questo caso entrambi i lieviti hanno dato una fermentazione più lenta e stentata del solito, un krausen meno vigoroso, ed entrambi hanno fermentato più di quanto previsto durante il cask conditioning (tra i due il Ringwood è stato il più lento). Il trasferimento a caduta dopo 24 ore non sembra avere aiutato, e nemmeno l’agitazione intermittente nelle prime 72 ore, che sui 18 L mi dà buoni risultati da quando l’ho implementata. Non capisco se la fermentazione stentata sia stata causata da un’inferiore produzione di calore della fermentazione, o ad altre dinamiche.
In questo momento è in maturazione un altro batch da 9+9 L, con alcune accortezze diverse, e quindi potrò verificare alcune di queste ipotesi.
Sicuramente posso dire di non aver ancora capito appieno i lieviti inglesi… Tenderei ad escludere che la causa della fermentazione difficoltosa sia stata un sottoinoculo (vedere sotto come l’ho stimato), ed escluderei anche l’ossigenazione (tra agitazione e travaso, dovrebbe essere stata più che sufficiente). Ho il vago sospetto che potrebbe trattarsi di un’eventuale carenza di FAN (Free Amino Nitrogen), a causa dell’elevata quantità di fiocchi di orzo e dell’OG bassa, ma mi sembra strano, e purtroppo solo un’analisi del mosto potrebbe confermare o smentire questo dubbio. Altre cause di stress potrebbero ritrovarsi in uno starter non ottimale (anche se eseguito con i classici crismi di beuta, agitatore, e nutrimento).
In ogni caso, la scelta di malti non mi ha convinto. I fiocchi usati al 15%, che su una Irish Dry Stout sono fondamentali per mantenere un corpo pieno e aromi leggeri (lasciando solo la caratteristica nota caffettosa/torrefatta sul finale), in questo caso hanno soppresso troppo la componente dei malti, rendendo la birra anonima in bocca (anche se complici sono le note fermentative coprenti del lievito).

Ma non tutto il male vien per nuocere. Da questo esperimento ho capito meglio il potenziale ruolo dei fiocchi di orzo nella birra. Inoltre, bevendo la birra con il Ringwood, mi è parso evidente che nella bitter che vorrei, il diacetile è una componente fondamentale (non una bella scoperta ahimè, essendo un fattore difficilissimo da controllare in modo preciso). Saranno conclusioni che mi torneranno sicuramente utili.
Piccolo appunto: da questa recensione forse le birre appaiono davvero mal riuscite. In realtà nel complesso non erano sgradevoli, i fustini sono stati finiti in fretta e senza ricevere particolari appunti dai consumatori casual. Chi beve birra con più attenzione ha notato un fermentativo non pulito, ma nel complesso le birre erano abbastanza gradevoli. Purtroppo essendo io un fan dello stile, e avendo un preciso obiettivo in mente, mi ritengo ancora lontano dall’averlo raggiunto.

Concludo l’articolo infine con una descrizione della mia stima dell’inoculo. Oltre al solito calcolatore di Brewer’s friend, ho fatto alcune ricerche in bibliografia, e mi sono creato un foglio che calcola la quantità di slurry (lievito liquido) da utilizzare per ottenere un determinato inoculo. Ovviamente per fare ciò bisogna prima stimarne la densità cellulare. Questo viene fatto a partire dalla quantità di “sostanza secca”, che si ottiene nel seguente modo: si versano in un cilindro/provetta graduata 25 ml di slurry omogeneo. Quindi si fa sedimentare in modo compatto (o tramite centrifuga, o tramite frigo), e si verifica quant’è in percentuale volumetrica la parte “solida” del lievito. Si inseriscono i dati nel foglio, che tramite una formula stima la densità cellulare, e quindi in base ai parametri inseriti di densità iniziale e di volume del mosto, anche il volume o la massa di slurry da inoculare. Affinché la stima sia accurata, il lievito deve avere una vitalità tra l’85 e il 95%, quindi o si tratta di lievito recuperato da poco da una fermentazione, o di uno slurry da uno starter fresco.
Per le prove che ho fatto ho ottenuto una buona corrispondenza tra le stime di Brewer’s friend e i risultati indicati dal foglio di calcolo. Ovviamente si tratta sempre di stime, finché non ci si attrezza di microscopio, vetrini, etc, e non si ricorre a precise conte cellulari, però l’ho trovato un metodo interessante per confermare i calcolatori, che spesso si basano su una stima della vitalità iniziale delle buste Wyeast abbastanza aleatoria. Per chi fosse interessato a provare ad utilizzare questo sistema, mi contatti pure a [email protected], provvederò ad inviargli il foglio di calcolo (completo di istruzioni precise e bibliografia).

Foglio di calcolo per il peso o volume di slurry da inoculare, compilato con i dati che ho utilizzato per determinare quando lievito utilizzare nelle due bitter

Con questo terzo capitolo si conclude il primo breve racconto birrario. Ne seguiranno altri, speriamo con finali più lieti 🙂
Cheers!

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