Come sottolineato nello scorso articolo, la presenza dell’ossigeno è deleteria per la qualità della birra, eccezion fatta che in corrispondenza dell’inoculo del lievito. Come è ben noto ai birrai, l’ossigeno ha un ruolo positivo per la crescita del nostro fungo preferito. Ma in che modo? Al contrario di quanto verrebbe spontaneo pensare, l’ossigeno non viene utilizzato dal lievito per la respirazione aerobica (NdA: la respirazione aerobica è la via metabolica per produrre energia che necessita di ossigeno. Essa è molto più efficiente rispetto alla fermentazione anaerobica, un’altra via metabolica che ha sempre lo scopo di produrre energia, ma può avvenire anche in assenza di ossigeno). Alle concentrazioni zuccherine presenti nel mosto di birra, la respirazione aerobica del lievito Saccharomyces cerevisiae è inibita, ed anche in presenza di ossigeno il lievito ricava l’energia necessaria tramite la fermentazione. Questo fenomeno è conosciuto come effetto Crabtree. Ma quindi il lievito inoculato nel mosto di birra per cosa utilizza l’ossigeno?

Per rispondere a questa domanda ripercorriamo assieme le varie fasi che compongono il ciclo vitale del lievito nel mosto. Dopo l’inoculo, le cellule di Saccharomyces necessitano di una fase di adattamento al nuovo ambiente nel quale si ritrovano. Questa è conosciuta come fase di lag. In questo intervallo di tempo il lievito non si riproduce ancora, ma consuma le risorse energetiche accumulate precedentemente all’interno della cellula (perlopiù sotto forma di glicogeno, un polimero del glucosio) per la sintesi di enzimi necessari a sfruttare i nutrimenti presenti nel nuovo ambiente. A questo scopo assorbe l’azoto libero (presente nel mosto o sotto forma di ammonio o di amminoacidi – FAN, Free Amino Nitrogen) per la sintesi delle proteine. Ed è quindi in questa fase che si esplica l’importanza di una sufficiente presenza di FAN nel mosto (150-250 ppm), senza la quale le successive fasi del ciclo vitale del lievito sarebbero compromesse. Al termine della fase di lag il lievito è pronto ad utilizzare efficacemente le risorse energetiche del mosto per replicarsi. Inizia quindi l’assorbimento di glucosio, fruttosio, maltosio, etc. ed inizia la moltiplicazione cellulare (il lievito entra nella cosiddetta fase esponenziale). Per replicarsi e mantenersi in salute tuttavia il lievito non necessita solamente di zuccheri (per il metabolismo energetico) e di azoto (per la sintesi delle proteine), ma anche di lipidi (i maggiori costituenti della membrana cellulare). La membrana cellulare del lievito è infatti composta per la maggior parte da fosfolipidi, a loro volta costituiti da acidi grassi saturi ed insaturi. La presenza di acidi grassi insaturi favorisce la fluidità della membrana, e quindi una sua migliore funzionalità. Sappiamo bene che tuttavia la presenza di grassi nel mosto è limitata, e che una loro eventuale eccessiva concentrazione può portare a problemi di stabilità della schiuma, oltre che a una minore resistenza all’ossidazione. Il lievito però non necessita della presenza di lipidi nel mosto, in quanto è capace di sintetizzarli autonomamente a partire da altri nutrienti (zuccheri). Esso tuttavia necessita della presenza di ossigeno per la sintesi di acidi grassi insaturi, e per la sintesi degli steroli (un altro tipo di lipidi coinvolti nella funzionalità della membrana cellulare).

Questa è quindi l’importanza dell’ossigeno disciolto nel mosto: permettere al lievito la sintesi di acidi grassi insaturi e steroli necessari per il mantenimento della corretta funzionalità della membrana, anche dopo alcuni cicli di replicazione in seguito ai quali gli acidi grassi e steroli sintetizzati inizialmente verranno divisi tra cellule madri e cellule figlie. Le buone condizioni della membrana cellulare permettono al lievito di esplicare al meglio le sue funzioni vitali, resistere alla concentrazione crescente di molecole per lui tossiche (alcol e anidride carbonica in primis), e limitare/ritardare il fenomeno della lisi cellulare.
Nel caso dei lieviti secchi Fermentis, è ormai noto che l’ossigenazione del mosto prima dell’inoculo del lievito secco non è strettamente necessaria. Come mai? Ciò è possibile in quanto la tecnologia di produzione Fermentis garantisce nella membrana cellulare delle cellule di lievito una ingente presenza di steroli e acidi grassi insaturi, sufficiente per i cicli di replicazione previsti in una normale fermentazione. Questa condizione non è però universalmente valida per qualsiasi lievito secco, ma dipende dal produttore e dalla tecnologia utilizzata.
Qualcuno si starà chiedendo se vi è il modo di fornire direttamente al lievito queste molecole come nutrimento, evitando quindi di fargliele sintetizzare autonomamente, ed evitando il contatto del mosto con l’ossigeno anche in questa fase. La risposta è sì. Vi sono stati diversi studi e sperimentazioni sulla possibilità di fornire al lievito gli acidi grassi e gli steroli di cui ha bisogno, ad esempio tramite integratori/nutrimenti appositamente formulati. I risultati ottenuti hanno dimostrato che il lievito assorbe effettivamente queste molecole e le utilizza per la propria membrana, mantenendone quindi la corretta funzionalità anche in assenza di ossigeno. In uno studio condotto presso il birrificio americano New Belgium Brewing Company sono state valutate piccolissime aggiunte di olio d’oliva per integrare queste componenti nel mosto. La difficoltà di questo approccio sta nel valutare adeguatamente le aggiunte. Le quantità infatti devono essere calcolate in modo da garantire che tutti i lipidi introdotti vengano consumati dal lievito, altrimenti eventuali eccessi potrebbero avere effetti negativi sia sulla schiuma che sulla stabilità aromatica della birra. Nonostante i risultati ottenuti con queste pratiche siano stati positivi, non vi sono al momento metodologie collaudate da poter utilizzare senza controindicazioni anche in birrificio.

Comprendere il ruolo dell’ossigeno per il metabolismo del lievito ci permette di prevedere se e quando sarà necessario ossigenare, e quando questa pratica invece può risultare inutile se non dannosa.
In generale l’ossigenazione è utile durante la fase di lag e la fase esponenziale di crescita del lievito, quando ci aspettiamo di avere una forte replicazione cellulare. Anche nel caso di cotte concatenate, se le condizioni di inoculo iniziale porteranno ad una forte replicazione del lievito con le successive aggiunte di mosto, ossigenare le cotte seguenti è una buona pratica. Chiaramente i casi vanno analizzati singolarmente, in quanto la necessità di ossigenare dipenderà dal tempo trascorso tra una cotta e l’altra, dalla quantità di inoculo iniziale, dal grado Plato del mosto, etc. Come detto precedentemente, i lieviti Fermentis in generale non necessitano di ossigenazione, quando utilizzati per un primo inoculo. Nel caso di riutilizzo invece, anch’essi necessitano di ossigenazione.
Sperando che queste informazioni generali possano aver fatto un po’ di chiarezza su ossigeno e ossigenazione, vi ricordo che potete contattarci per qualunque chiarimento.
Bibliografia essenziale:
C. Boulton, D. Quain, Brewing yeast & Fermentation, Blackwell Science Ltd. (2008)
W. Kunze, Technology Brewing & Malting, VLB Berlin (2014)