Eccoci giunti al quarto capitolo del nostro viaggio nel complesso mondo del luppolo. Parlando di NEIPA e dip hopping negli scorsi episodi, avevamo già accennato al fenomeno che approfondiremo nelle prossime righe, ovvero la biotrasformazione.

Partiamo dando innanzitutto una definizione: la biotrasformazione è l’insieme di reazioni biochimiche (ovvero catalizzate da enzimi apportati dal lievito) che portano alla trasformazione di molecole apportate dal luppolo. Nello specifico, la parte che interessa a noi birrai è che alcune di queste reazioni comportano la formazione di nuove molecole aromatiche positive, andando quindi a tutti gli effetti ad incrementare il contributo aromatico del luppolo. La biotrasformazione rientra in un più grande insieme di meccanismi che coinvolgono luppolo e lievito, che possiamo identificare come “interazioni tra lievito e luppolo”. In questo ultimo macrogruppo rientrano ad esempio l’adsorbimento di α- ed iso-α-acidi sulle pareti cellulari del lievito, lo “strippaggio” di alcune molecole aromatiche in seguito alla CO2 prodotta, etc.
In questo articolo però ci focalizzeremo solamente sulle interazioni biochimiche.

Ad ora sono stati individuati tre principali gruppi di reazioni, ritenute le più influenti:
– la conversione dei monoterpeni ossigenati
– la liberazione dei terpeni tramite β-glucosidasi
– la liberazioni dei tioli tramite β-liasi
Oltre a queste vi sono anche altre reazioni biochimiche (ad esempio mediate da enzimi esterasi), ma non sono state ancora sufficientemente approfondite, e non ne parleremo quindi ulteriormente in questo articolo. Focalizziamoci quindi sulle tre sopra elencate.

1. CONVERSIONE MONOTERPENI OSSIGENATI

Tra le classi aromatiche che compongono gli olii del luppolo, una delle più note è quella dei terpeni ossigenati, e tra di essi sono noti gli aromi positivi conferiti da geraniolo e linalolo. Come riportato nello schema sottostante, il geraniolo e il nerolo derivanti dal luppolo possono essere convertiti a β-citronellolo, linalolo ed α-terpineolo. La coesistenza di questi composti presenta un effetto sinergico che sembrerebbe potenziare le note fruttate con sentori di agrumi, arancia e lime. Questa conversione tra le varie molecole avviene grazie all’azione di enzimi apportati dal lievito, anche se non è ancora chiaro con precisione quali siano gli enzimi coinvolti.

Schema delle reazioni di conversione enzimatica dei monoterpeni ossigenati.
Modified from Takoi et al. (2016)

E’ importante notare come il geraniolo possa essere presente anche sotto forma di precursori come glicosidi (molecole formate da uno zucchero + altra molecola) o esteri. Su di essi possono agire altri enzimi del lievito (come vedremo), e liberare ulteriori quantità di geraniolo che rientrerebbero poi in questa catena di reazioni. Quando cerchiamo quindi di collocare queste reazioni nel “sistema birra”, è buona prassi non considerarle mai come dei sistemi chiusi e isolati, ma come una parte di un insieme più grande e complesso i cui elementi interagiscono tra di loro con diversi meccanismi.
Sicuramente un modo per favorire questo tipo di biotrasformazione è quello di utilizzare varietà di luppolo ricche di geraniolo e dei suoi precursori (ad esempio Talus®, Centennial, Sabro®, etc. – vedere la ricerca di Yakima Chief Hops® sui survivable compounds a riguardo), e di mettere in contatto questi composti con il lievito nelle fasi attive della fermentazione (usando quindi late-hopping, dry-hopping in fermentazione tumultuosa, e dip hopping). Questo ci permetterà di potenziare le note agrumate e fruttate del luppolo.

2. L’AZIONE DELLE BETA-GLUCOSIDASI

A differenza della prima reazione appena descritta, in questo seconda reazione l’enzima protagonista è stato individuato, ed è anzi il fulcro delle ricerche e sperimentazioni a riguardo: la β-glucosidasi.
Questo enzima è capace di scindere un legame β-glicosidico, ovvero un legame tra una molecola di glucosio (lo zucchero più semplice) ed un’altra molecola (detta genericamente aglicone). Questa reazione diventa interessante per gli amanti della birra, nel momento in cui l’aglicone è una molecola aromatica. Finché essa è legata al glucosio, la molecola risultante è pesante, non volatile, ed è quindi inodore (affinché una molecola sia odorosa, dev’essere volatile per poter raggiungere tramite via aerea la nostra mucosa olfattiva, in fondo al naso). Nel momento in cui la β-glucosidasi la libera dal glucosio, essa “torna” volatile ed è in grado di conferire il suo caratteristico aroma. Nella figura sottostante è illustrato questo meccanismo nel caso di una molecola di linalolo legata al glucosio.

L’azione della β-glucosidasi schematizzata. In questo caso la molecola aromatica liberata è il linalolo, ma vi sono altre molecole legate a dei glicosidi che possono essere liberate (in particolare terpeni).

Ora che abbiamo capito come funziona questa reazione, ci chiediamo come possiamo potenziarla… Nel momento in cui si voglia favorire l’andamento di una reazione chimica, una delle prime possibilità è quella di aumentare le concentrazioni dei reagenti. Aumentare la concentrazione di glicosidi legati a molecole aromatiche sembrerebbe relativamente semplice, basta aumentare il contenuto di luppolo ovviamente! Tenendo presente che la maggior parte dei glicosidi terpenici si trova nella parte vegetale del luppolo, andremo ad aggiungere il luppolo in pellet T90 o in coni, in late boil o in dry-hopping in tumultuosa.
Per quanto riguarda invece l’enzima, chi più chi meno, quasi tutti i ceppi di lievito da birra sono in grado di produrre una certa quantità di β-glucosidasi, ma si tratta di concentrazioni molto basse nelle normali condizioni di fermentazione del mosto di birra.
Poiché si è osservato il maggior picco di attività all’incirca dopo 3 giorni di fermentazione, quando il contenuto di zuccheri inizia a calare, alcuni ricercatori hanno supposto che si tratti di un meccanismo del lievito per recuperare ulteriori quantità di zuccheri, ma evidentemente non è un adattamento così funzionale nella fermentazione della birra.

hops

Per questo motivo è sicuramente più efficace l’utilizzo di un enzima esogeno (ovvero aggiunto dall’esterno), se volessimo massimizzare l’azione β-glucosidasica. Esistono diversi prodotti commerciali (come ad esempio l’Aromazyme Lalleland), che svolgono bene questo compito. Nel caso andassimo ad utilizzarli, dobbiamo tener presente che in seguito alla loro azione ci sarà una significativa formazione di glucosio libero. Poiché vogliamo evitare sovracarbonazioni ed altri problemi post-confezionamento, è bene che questo glucosio venga prontamente consumato dal lievito. A questo scopo è consigliabile aggiungere gli enzimi a inizio fermentazione o poco prima della fine della fermentazione, non a maturazione inoltrata o a freddo.

Detto questo, alcuni studi (Sharp et al., 2017) condotti su birre prodotte in laboratorio sembrerebbero ridimensionare l’importanza di questo fenomeno sul profilo complessivo della birra. La concentrazione di precursori terpenici è comunque abbastanza bassa, e quindi di norma l’impatto degli agliconi liberati rimane marginale rispetto all’apporto dei terpeni tal quali derivanti dal luppolo. Non si tratta di un fenomeno che stravolge il profilo di una birra, ma che può andare in alcuni casi a dare una leggera “spinta” ed ulteriore complessità. In ogni caso, un altro potenziale vantaggio interessante è che la liberazione di glucosio e la ripresa di una certa attività fermentativa possano aiutare a limitare l’ossidazione dovuta all’inevitabile pick-up di ossigeno durante il dry-hopping. Ma quest’ipotesi è ancora da verificare rigorosamente.

Tra le tre reazioni anticipate all’inizio di questo articolo, è però l’ultima quella che sta suscitando più interesse tra birrai e mondo scientifico, in quanto rappresenta il maggior potenziale aromatico “nascosto” del luppolo, e anche del malto…
Nel prossimo articolo dedicato andremo quindi ad approfondire a dovere la complessità dei tioli, dei tioli-polifunzionali, e della loro liberazione tramite le β-liasi. Stay tuned!

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