Dopo le vicissitudini delle produzioni di birre inglesi, la mia attenzione si è spostata prima sulle basse fermentazioni (concatenando 3 produzioni con annesso recupero del lievito), e successivamente, mentre attendevo che queste lagerizzassero a dovere, su uno stile finora da me inesplorato: le NEIPA.
Da bevitore occasionale di questo stile, e conscio delle difficoltà produttive che implica, non mi ero mai cimentato con questa tipologia di birre superluppolate. Tuttavia, in occasione di un evento in collaborazione con Hopsteiner, nostro fornitore di luppolo, ho deciso che era il momento di iniziare ad approfondire la mia conoscenza pratica su questo stile.
In questo articolo riporto la mia prima ricetta, un po’ particolare, ma che mi ha dato un accettabile riferimento iniziale dal quale partire, e sul quale baserò le successive varianti, esplorando diversi luppoli e tecniche di luppolatura.
Vediamo subito la ricetta, nella quale ho provato anche il dip hopping.
Hazy IPA
Caratteristiche birra:
OG: 1.076 FG: 1.016
EBC: 10 IBU: 55

La ricetta è calibrata su di un’efficienza del 75% prevista con un impianto All-in-One. La base del grist è costituita da due malti chiari: Simpsons Extra Pale e Simpsons Golden Promise. Si tratta di malti pale, ben modificati ma con un colore chiaro: non ricercando un colore chiarissimo, e avendo già altri cereali che apportano proteine e beta-glucani per mouthfeel e opacità, li preferisco rispetto ai Pils. Seguono l’avena maltata e il malto BEST Chit per aumentare il contenuto di beta-glucani e proteine a più elevato peso molecolare, ed un pizzico di BEST Caramel Hell per dare una leggera sfumatura dorata/arancione. Personalmente mi piacerebbe l’idea di una NEIPA che assomigli a un succo di mango/pesca. Infine, dato il grist già ad alto potenziale di impaccamento, soprattutto su un impianto All-in-One che ha una geometria del cestello di filtrazione non ottimale, ho optato per aiutarmi a raggiungere una densità iniziale medio-elevata con dell’estratto di malto extra-light, da aggiungere in bollitura.
Ammostamento multi step, mash-in basso e rampa passando per le beta-glucanasi e le proteasi, e due step di saccarificazione per avere una buona efficienza di saccarificazione, quindi rapido mash-out.
Malti e succedanei:
3 kg (37,7%) Simpsons Extra Pale
2,5 kg (31,5%) Simpsons Finest Pale Golden Promise
1 kg (12,6%) Fawcett avena maltata
650 g (8,2%) BEST Chit malt
300 g (3,8%) BEST Caramel® Hell
500 g (6,3%) Estratto di malto secco Extra light
Volumi acqua: mash-in con 23,6 L, sparge con 8,6 L
Ammostamento:
Mash-in: 45°C
Saccarificazione multi-step: 63°C per 20 min; 72°C per 40 min
Mash-out: 77°C per 10 min
All’inizio della filtrazione procediamo aggiungendo il luppolo del first wort-hopping (Magnum), quindi al termine di questa fase portiamo il mosto ad ebollizione. A questo punto entra in gioco il dip hopping (approfondimento sul dip hopping al termine della ricetta). In un recipiente sanitizzato e resistente al calore, trasferiamo 4 L di mosto bollente, e attendiamo che raggiunga una temperatura intorno ai 75-78°C (eventualmente per accelerare il processo possiamo aggiungere un po’ di acqua molto fredda, non impatterà troppo sulla nostra densità iniziale). Quindi aggiungiamo il Mandarina Bavaria e il Lemondrop, e lasciamo in infusione fino alla fine della bollitura.
Durata bollitura: 30 minuti – 26,5 L pre-boil a 1.065
Bollitura breve da 30 minuti. Dati i malti Pale, che di norma hanno già un basso contenuto di SMM (precursore del DMS), 30 minuti dovrebbero essere sufficienti a rimuovere la maggior parte del DMS e dei suoi precursori. Al contempo con una bollitura più breve dei canonici 60 minuti, limitiamo l’imbrunimento del mosto e la formazione di eccessivi coaguli tanno-proteici, poiché vogliamo che questi rimangano piccoli e in sospensione, contribuendo ad una torbidità stabile (anche se le componenti di una torbidità stabile sono diversi e non facilmente controllabili). A fine bollitura raffreddiamo il mosto 2-3°C al di sotto dell’obiettivo (18°C), in modo che la miscela risultante con i litri utilizzati per il dip hopping si attesti sulla temperatura target. Trasferiamo quindi tutto nel fermentatore (mosto raffreddato e miscela mosto-luppolo del dip hopping) e inoculiamo il lievito.

Luppoli e gittate:
Magnum q.b. per conferire 5 IBU (First wort hopping)
200 g Lemondrop pellet T90 (dip-hopping)
200 g Mandarina Bavaria pellet T90 (dip-hopping)
300 g Solero (Dry-hopping al 2° giorno di fermentazione)
Profilo dell’acqua consigliato:
Calcio 70-90
Magnesio 2-10
Sodio 40-60
Cloruri 150-170
Solfati 40-60
Bicarbonati 20-30
Per l’acqua optiamo per un abbastanza medio. Calcio in quantità sufficiente, sodio medio-alto, per dare pienezza. Rapporto cloruri/solfati spostato largamente sui primi, per aumentare la percezione del mouthfeel morbido e dei malti, e limitare secchezza e amaro.
Lievito: 11 g Fermentis SafAle S-33 (1 bustina) e 22 g Fermentis SafAle US-05 (2 bustine)
Per la fermentazione puntiamo a un blend in coinoculo. L’S-33 è un ceppo che ha un’ottima interazione con i luppoli quando si ricerca un profilo fruttato. Inoltre è polverulento e poco flocculante, quindi contribuirà all’aspetto velato. L’US-05 invece, neutro, ci aiuterà ad arrivare ad un’attenuazione più elevata rispetto all’S-33. Il rapporto tra i due è di 1:2, in quanto l’S-33 è un lievito con una lag phase breve e una partenza veloce, quindi se inoculato in egual quantità, potrebbe prendere il sopravvento rispetto all’US-05. Così facendo cerchiamo di ottenere una fermentazione di pari velocità, tra i due ceppi. Inoltre nel complesso il quantitativo di inoculo è abbastanza consistente, si data l’alta OG, sia poiché personalmente su fermentatori piccoli preferisco il sovra-inoculo.
Per quanto riguarda le temperature, inoculiamo a 18°C e lasciamo salire fino a 20°C, dove stabilizziamo la temperatura. Dopo 24 ore dall’inoculo, aggiungiamo il Solero, e richiudiamo il fermentatore. Da questo momento in poi sarà indispensabile limitare qualsiasi introduzione di ossigeno, che con luppolature così massicce porterebbe a un rapido imbrunimento e deterioramento ossidativo. Monitoriamo la fermentazione, e non appena siamo arrivati a una densità costante, procediamo con il cold crash per 3 giorni, e quindi con un travaso in fusto o con l’imbottigliamento. Evitiamo di prolungare ulteriormente il contatto tra luppolo e birra, per limitare l’estrazione di troppi polifenoli che possono dare astringenza. Lasciamo quindi maturare a freddo per almeno un paio di settimane, affinché si bilancino i sapori, infine carboniamo a 2,3-2,5 volumi e serviamo!
Considerazioni finali sul risultato: il processo produttivo è filato abbastanza liscio. Alcune incertezze su come condurre praticamente il dip-hopping (che alla fine ho fatto nel tino dove scaldo l’acqua di sparge), ma a parte quello nessun intoppo. La quantità complessiva di luppolo era veramente importante: 27 g/L tra dip hopping e dry hopping, tutto di pellet T90. Temevo hop-bite e astringenza, che invece nel complesso sono stati molto limitati. L’aspetto era consono, buona torbidità e colore dorato carico. Il naso, anche se non esplosivo, molto elegante (con un buon bilanciamento tra le note fruttate di passionfruit e mango, e quelle agrumate di lime e limone). Un buon mouthfeel pieno, con alcol ben mascherato, ma un finale e un retrogusto un po’ troppo amari/astringenti, senza un adeguato bilanciamento delle note fruttate al retrolfatto. Nel complesso sono soddisfatto per il primo tentativo, ma ci sono diversi aspetti da migliorare, per quello che sarà il secondo capitolo di questa storia!

Nota – il dip hopping: questa tecnica, che approfondiremo nel dettaglio in un articolo dedicato, consiste nel fare un’infusione a caldo (tra i 70 e gli 80°C) del luppolo, principalmente per strippare alcuni composti volatili associati a descrittori non gradevoli (vegetali, erbacei, sulfurei), e favorire una parziale ossidazione positiva di alcune molecole aromatiche. Il luppolo così infuso viene quindi aggiunto nel fermentatore, come una sorta di dry-hopping. Questa tecnica permette, in particolare su alcune varietà, di “rimuovere” gli aromi meno eleganti, e far emergere le note agrumate/fruttate.
Ciao Manfredi, complimenti intanto per la chiarezza con cui esponi gli argomenti trattati, tanto in questo articolo quanto in tutti gli altri. Ho solo una domanda: come si fa a calcolare con buona approssimazione gli IBU derivanti dal dip hopping? Grazie in anticipo per la risposta e buona giornata
Ciao Lillo, grazie mille per i complimenti!
Purtroppo in questo caso non ci sono formule per fare una stima. E’ abbastanza certo che rimanendo su temperature inferiori ai 75°C, l’isomerizzazione durante il dip hopping è nulla, quindi l’amaro da iso-alfa-acidi è trascurabile. L’apporto da amaro di beta acidi ossidati e di alfa acidi potrebbe virtualmente non esserlo (come nel caso del dry-hopping), tuttavia per esperienza ipotizzo che gran parte di questi composti, essendo poco solubili, tende ad adsorbirsi alla membrana del lievito e a depositarsi insieme ad esso. Un po’ come avviene con il dry-hopping in fermentazione tumultuosa, che ha un effetto minore sull’amaro percepito, rispetto al dry-hopping in maturazione.
Riassumendo, tenderei a considerare l’apporto del dip hopping sull’amaro come praticamente nullo!
Come vengono quindi stimati i 55 IBU? Grazie
Il questo caso il software utilizzato per il calcolo della ricetta non contempla il dip hopping, che è stato quindi simulato come hopstand a 55°C. Il software ha quindi stimato un apporto di circa 45 IBU dall’hopstand. Tuttavia è un software che per esperienza tende a sovrastimare l’isomerizzazione da hopstand.
Di sicuro gran parte dell’amaro percepito derivava più da altri composti (beta acidi, alfa acidi ossidati) conferiti da dry-hopping e dip hopping, che n0on da un’effettiva isomerizzazione a caldo.
Consiglio quindi di partire tenendosi bassi con l’amaro a 60 minuti, limitare amaro a caldo, e poi valutare in base al risultato. Purtroppo le stime delle formule decadono in casi di luppolature così particolari.